Cronaca di una giornata a scuola: quello che non si impara sui libri

Redazione

Appena arriva in redazione la lettera della professoressa Diana Pollini che pubblichiamo integralmente.

Cronaca di una giornata a scuola

Arrivata alla seconda ora colgo qualcosa di diverso nell’aria, vedo i volti commossi dei miei studenti…. Questa notte è morto improvvisamente il padre di una loro compagna.

Vorrei piangere con loro perché questo signore lo conoscevo ed era una persona squisita con la quale avevo avuto modo di confrontarmi più volte nel corso dell’anno. Il mio ruolo mi impone di farmi coraggio e di intraprendere un dialogo che porti i miei studenti ad esternare ciò che provano e a decidere in quale modo stare vicino alla compagna a ridosso delle vacanze estive, in un momento nel quale le amicizie e la routine quotidiana si interrompono. Vorrei dire ai neolaureati che insegnare non è solamente trasmettere conoscenze ma significa anche questo: sapersi rapportare con i ragazzi in situazioni drammatiche. Non è qualcosa che si impara sui libri.

Cronaca di una giornata a scuola

La nostra dignità e il nostro lavoro si basano su relazioni umane che si costruiscono con l’esperienza sul campo e non comprando i 24 CFU. Si tratta di rapporti profondi che vanno ben oltre quel patto di corresponsabilità cui tutti noi aderiamo quando prendiamo servizio.

Ogni anno, ben consci delle difficoltà e delle gioie che possono derivare dal nostro lavoro instauriamo relazioni che spesso dobbiamo interrompere per ripartire da zero quando, con il sopraggiungere delle convocazioni, nel mese di settembre, spesso a causa di una chiamata che tarda da parte di una segreteria e per una convocazione anticipata da parte di un’altra, dobbiamo cambiare scuola.

Pochi minuti segnano il nostro destino e quello dei nostri studenti. Ogni anno a giugno salutiamo i nostri ragazzi che ci chiedono se potremmo essere i loro docenti anche l’anno seguente, ogni anno non sappiamo cosa rispondere loro ma cerchiamo di rassicurarli.

Arricchiti dalla loro conoscenza e da un intero anno scolastico vissuto insieme noi docenti vorremmo essere i loro professori e proseguire con loro lungo quel percorso che li condurrà alla maturità. Si chiude così una storia e ne inizia un’altra, per tutti noi precari che con il cuore colmo di gioia ma anche di tristezza a breve, dopo gli scrutini finali lasceremo i nostri ragazzi.

Cosa ne sarà dalla mia studentessa?

Diana Pollini

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