In questo articolo dopo aver contestualizzato a livello normativo il concetto di valutazione affronteremo la pedagogia dell’errore e dei possibili distorsori a cui possono incorrere i docenti nel processo di valutazione.
La valutazione alla luce della normativa di riferimento
Indicazioni 2007
“La valutazione precede, accompagna e segue i percorsi curricolari. Assume funzione formativa, di accompagnamento dei processi di apprendimento e di stimolo di miglioramento continuo”
DPR 122/2009
“La valutazione ha per oggetto il processo di apprendimento, il comportamento e il rendimento scolastico. E’ espressione dell’autonomia propria della funzione docente, nella sua dimensione sia individuale che collegiale, nonché dell’autonomia didattica delle istituzioni scolastiche. Il collegio dei docenti definisce modalità e criteri per assicurare omogeneità, equità, trasparenza, nel rispetto del principio della libertà d’insegnamento”
La valutazione nello svolgimento di un obiettivo di apprendimento
Nello svolgimento dell’attività didattica e più specificatamente durante l’attuazione di un obiettivo di apprendimento dovremo affrontare anche la “valutazione” che, come ben sapete, assume un ruolo fondamentale nella nostra professionalità docente.
La valutazione si articola in tre momenti:
- la valutazione iniziale, quella in itinere e quella finale.
- La valutazione iniziale così definita perché si colloca nella prima fase della nostra lezione ha una funzione di natura diagnostica circa i livelli cognitivi di partenza (analisi dei prerequisiti). Per iniziare la lezione che ci viene affidata dobbiamo essere certi che gli alunni posseggano i prerequisiti richiesti per affrontare L’Unità didattica di apprendimento! E se ci sono carenze? Naturalmente abbiamo l’obbligo di prevedere una fase di recupero. Vi consiglio la strategia del peer to peer, l’apprendimento tra pari risulta essere molto efficace!
- La valutazione in itinere (formativa) si colloca nel corso dello svolgimento delle fasi della lezione. La valutazione sistemica è sicuramente la migliore in questa fase!
A cosa serve? È un valido orientamento per Noi insegnanti per comprendere se le nostre strategie di insegnamento stanno funzionando nel contesto classe e pertanto ci consente di regolare la nostra azione didattica.
La valutazione finale invece è situata al termine della lezione. Nel nostro caso, poiché parliamo di un obiettivo specifico di apprendimento, la valutazione migliore è
- il compito autentico o di realtà: se il bambino riesce a risolvere problemi concreti circa le conoscenze acquisite lo abbiamo dotato delle giuste competenze per la risoluzione del problema (obiettivo raggiunto!)
- l’autovalutazione dell’alunno: responsabilizza l’alunno nel suo processo di apprendimento e lo aiuta a sviluppare anche un senso di autocritica
- l’autovalutazione del docente: consente a noi insegnanti a comprendere se le nostre strategie hanno favorito l’acquisizione delle conoscenze e delle competenze dei nostri alunni.
Se uno o più alunni non hanno acquisito le conoscenze e le competenze che ci eravamo prefissati andremo ad effettuare un percorso di recupero e/o un potenziamento.
Se la maggior parte degli alunni o tutti gli alunni non hanno raggiunto le conoscenze e le competenze che ci siamo prefissati….. dobbiamo farci un esame di coscienza e rivedere seriamente il nostro modo di insegnare.
Le griglie di valutazione invece devono essere utilizzate al termine dell’unità didattica.
La funzione delle griglie di valutazione è sommativa, nel senso che redigere un bilancio complessivo dell’apprendimento, sia al livello del singolo alunno (con la conseguente espressione di voti o di giudizi), sia a livello dell’intero gruppo classe (nell’intento di stimare la validità della programmazione).
La pedagogia dell’errore
E Se il bambino sbaglia cosa devo fare?
Che ruolo ha l’errore nella didattica?
Vi rispondo così: Da un lapsus può nascere una storia, non è una novità. Se, battendo a macchina un articolo, mi capita di scrivere «Lamponia» per «Lapponia», ecco scoperto un nuovo paese profumato e boschereccio: sarebbe un peccato espellerlo dalle mappe del possibile con l’apposita gomma; meglio esplorarlo, da turisti della fantasia.
Se un bambino scrive nel suo quaderno «l’ago di Garda», ho la scelta tra correggere l’errore con un segnaccio rosso o blu, o seguirne l’ardito suggerimento e scrivere la storia e la geografia di questo «ago» importantissimo, segnato anche nella carta d’Italia. La luna si specchierà sulla punta o nella cruna? Si pungerà il naso? (G. Rodari)
Occorre una pedagogia che riscopra l’attenzione per l’essere umano, per la sua creatività, per la sua ricerca di un ordine “trovato” e non inoculato dall’altra/o è sicuramente quella che ci attende nel futuro che vorremmo. E’ una pedagogia che non teme il dubbio, l’imprevisto, che non guarda l’orologio, che crede nella scuola come luogo di incontro privilegiato per tutte le tipologie di giovani; è una pedagogia che “comincia a ricominciare” da zero ascoltando le parole preziose di chi non ha ancora tutte le parole per esprimere i concetti che va “conoscendo”, che non teme l’errore e lo ama perché le svela i percorsi mentali che l’ hanno prodotto (Claudia Fanti)
In una pedagogia che vuole tirare fuori il meglio dall’alunno l’errore diventa parte integrante del percorso formativo. Volere evitare l’errore significa frenare e persino inibire l’apprendimento e contemporaneamente anche lo sviluppo della creatività. Per questo dobbiamo cercare di creare un’atmosfera in cui sia permesso sperimentare senza alcun timore, perché “Errare humanum est” e l’errore può consentire al nostro Alunno di sperimentare nuove scelte e nuove strade da percorrere, consentendo lo sviluppo del problem solving.
Effetti distorsivi nel processo di valutazione
Quando decifriamo di usare prove non strutturate il docente deve tener conto che nel processo di valutazione potrebbero intervenire delle variabili che ne influenzano l’oggettività. Andiamo ad analizzare gli effetti distorsivi che possono intervenire nel processo di valutazione scolastica.
Effetto alone
L’effetto alone (che ci ricorda nella definizione una macchia sul vetro che offusca la visione) si ha quando un docente si crea dei pregiudizi rispetto ad un alunno. A causa di questi pregiudizi gli insegnanti saranno portati a sviluppare comportamenti eccessivamente indulgenti o eccessivamente sanzionatori in base all’idea che si sono fatti.
Come spiega la Dottoressa Iarulli: “Esso descrive un fenomeno per cui il docente può provare maggiore o minore simpatia verso l’allievo; nel caso di maggiore simpatia gli errori sono considerati come semplici sbagli dovuti a fattori estemporanei, nel caso di minore simpatia gli errori vengono ascritti a probabili condizioni intellettive, cognitive e comportamentali dello studente, favorendo così atteggiamenti di demotivazione, di sfiducia, di disistima, con conseguente disequilibrio emotivo anche nel sistema familiare”.
Effetto pigmalione
L’effetto Pigmalione è forse il più insidioso e frequente che si manifesta nel processo di insegnamento. Si verifica quando l’insegnante ha verso gli alunni delle aspettative (positive o negative) e queste aspettative finiscono per condizionare (inconsapevolmente) l’atteggiamento dell’insegnante nei confronti dell’alunno (se un insegnante crede che un bambino sia meno intelligente lo tratterà, anche inconsciamente, in modo diverso dagli altri. Il bambino, percependo questo atteggiamento, interiorizzerà il giudizio negativo del docente e adeguerà il suo comportamento al giudizio).
Effetto stereotipia
L’effetto stereotipia consiste nel congelare il giudizio su di un alunno partendo dal presupposto e dalla convinzione che la sua situazione non possa né cambiare né migliorare, come invece dovrebbe avvenire grazie agli interventi educativi e didattici del docente.
Effetto di contrasto
Il giudizio dato dall’insegnante rispetto ad un compito dell’alunno avviene non in base ad un’attenta valutazione ma perché viene confrontato con quella di altri alunni o con un modello ideale di prestazione individuato dall’insegnante.
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